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luni, 27 iulie 2015

Passione d’altri tempi





Scrittori, attori, sportivi…c’era una volta un’elite internazionale accomunata solo dal possedere (o desiderare) una Lancia. Un’auto costruita in una fabbrica laboratorio di Torino e che aveva quel non son so che di diverso dalle altre. Oggi ha cambiato nome e, sotto le mentite spoglie della Chrysler, non sarà facile riconoscerla.
(articolo di Salvatore Tropea, apparso su Il Venerdì di Repubblica del 19 Aprile 2015)


Nel Romanzo della Costa Azzurra
, Giuseppe Scaraffia racconta che Erich Maria Remarrque, celebre autore di Arco di Trionfo e Niente di nuovo sul fronte occidentale, era il solo a poter entrare nella camera di Marlen Dietrich senza farsi annunciare. Anche per dichiararle con brutale candore che era impotente; come fece una notte del 1939 in un lussuoso albergo del Lido di Venezia e come la grande diva avrebbe avuto modo di constatare in occasione degli incontri all’Hotel du Cap d’Antibes dove lui andava a trovarla alla guida di una Lancia Dilambda di cui doveva essere altrettanto innamorato, se è vero che quando le passava vicino “dava un piccolo buffetto affettuoso alla carrozzeria”. Un gesto teneramente possessivo, come per dire: vedi bene che tu sei tra le cose alle quali tengo di più. Quasi quanto all’Angelo Azzurro che gli mentiva dicendogli di “augurarsi lunghe notti passate a chiacchierare e dormire”. Mentre le notte le passava andando a recuperarlo ubriaco nei locali della Cöte.

Marlene Dietrich Lancia

Ma lo perdonava e lo accettava, si dice, anche perché andava a trovarla con quella vettura.
La passione per una Lancia e il poterla possedere, roba d’altri tempi, eleganza entrata nella storia. Quello che è certo è che, negli anni tra le due Guerre e anche dopo, Remarque fu in buona compagnia nel gruppo di coloro che potevano coltivare quest’ambizione. Facevano parte di un’élite che non era il solito club di estimatore come lo si intende oggi, tipo quelle community di amatori che si ritrovano in appuntamenti comandati come nelle feste dei coscritti, comunicano tra loro, si scambiano messaggi e mail da un capo all’altro dell’Italia e del mondo fino a lontananze che pochi interessi riuscirebbero ad accorciare. Loro erano altra cosa. Quasi sempre non avevano niente in comune se non il fatto di essere proprietari di una Lancia e questo non era motivo di particolari legami, né volevano esibire uno status o una qualche eccentricità. Ciò che li accomunava – comunque tenendoli distinti in una sorta di privacy non ricercata né codificata – era la passione per quelle vetture che venivano costruite in una fabbrica – laboratorio – atelier che si trovava a Torino.

Alcuni di loro non sapevano neppure dove fosse Torino, né ritenevano importante conoscere dove si trovasse quel luogo vagamente collocato “near Milan”.

La loro attenzione era tutta per quelle Lancia ce avevano un non che di diverso rispetto alla seriali delle auto che andavano affollando sempre di più le strade del mondo. E pensare che mancavano ancora parecchi anni al celebre film di Dino Risi, Il sorpasso, in cui un grande Vittorio Gassman  sulla costa tirrenica, tra Ostia e Castiglioncello, stupiva e spaventava un giovane Jean-Luis Trintignant, a bordo una rombante Lancia Aurelia B24 Spider. Alla quale si rivolgeva con la sua inconfondibile guasconeria, esortandola “Vai cavallina..”, per poi rimettersi a cantare Con le pinne, fucili ed occhiali. E mancava ancora tanto tempo allo spot pubblicitario di Harrison Ford per la Lancia Lybra nello splendore palladiana della Valle del Brenta.

hernest hemingway Lancia Flaminia
Esigenze commerciali da fine secolo, quelle, che non avevano nulla a che fare con ciò che si era visto su quelle strade quando ad attraversarle era un Ernest Hemingway al massimo del successo, presenza così celebre da essere presa a prestito per gli annuali raduni dei “Lancisti”. Tra il Gritti di Venezia e le nevi di Cortina nei premi anni Cinquanta lo scrittore americano amava tornare sui posti Addio alle armi. E lo faceva guidando una Flaminia di cui andava fiero.

La Flaminia non era stata ancora adottata da Gronchi che, nella lussuosa versione 335 Laudaulet disegnata da Battista Pinin Farina e realizzata in soli quattro esemplari, l’avrebbe scelta per la prima volta come auto ufficiale della Presidenza della Repubblica nel 1961, in occasione della visita in Italia della regina Elisabetta II d’Inghilterra. Ma già prima una Lancia Astura, elegantissimo cabriolet sempre uscito dal laboratorio Pinin, era stata guidata tra gli anni Trenta e Quaranta dal grande direttore d’orchestra Arturo Toscanini, che la prediligeva ad altre vetture. Difficile dire se vi avrebbe rinunciato sapendo che, versione torpedo di rappresentanza, una Lancia Astura era stata commissionata da Mussolini.

Magari non lo sapeva o forse sì, comunque non voleva privarsi, come riferivano i suoi amici, del piacere di quell’oggetto del desiderio che a quell’epoca era inaccessibile alla stragrande maggioranza degli italiani.

enzo ferrari Lancia Thema
Poi, prima che il mondo s’intristisse nei lutti della Seconda guerra mondiale, la bella Augusta aveva avuto come piloti – e qui il termine è più che appropriato – niente – meno che Tazio Nuvolari (Nuvola) e Achille Varzi, che l’alternavano in privato alle loro monoposto da competizione. Mentre persono Enzo Ferrari, il drake, non disdegnava di farsi vedere a bordo di Una Lancia Ardea negli anni Quaranta perché, come ha avuto modo di dimostrare, a lui non faceva difetto il gusto per quelle automobili che stavano fuori dalla fila. Dicono anche che Orson Welles amasse guidare una Lancia sin dall’inizio del suo “esilio” da Hollywood, nel 1947. “Lo si vedeva dalle parti di Ronda, sulle strade dell’Andalusia, a bordo di una di quelle auto che non avevamo mai visto” ricordano da quelle parti dove lui tornava sovente e dove le sue ceneri riposano nella fattoria dell’amico torero Antonio Ordonez.

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Tra i lancisti celebri ci fu anche Marcello Mastroianni, benché non si sia mai accertato quale tra i tanti famosi modelli sia stato di sua proprietà. Lui ha sempre detto di avere guidato una Lancia, forse una Zagato o una flaminia convertibile, vicino alla quale lo ripropongono foto d’epoca. Come quelle che rimandano alla Flaminia sulla quale side un’inconfondibile Brigitte Bardot o alla Lancia Stratos guidata da Alain Delon assieme a Mireille Darc.

E’ probabile che questa persistente inclusione nell’albo d’oro del marchio torinese di divi della celluloide sia il frutto della costante contaminazione tra la Lancia e il mondo del cinema, una vicinanza che si sarebbe poi materializzata nella sponsorizzazione della rassegna del Lido di Venezia.

alain delon Lancia Stratos 
Ma questa è storia recente, e non ha molto a che fare con l’album di famiglia vero e proprio, quello degli anni d’oro della Lancia che oggi a Torino ricordano quasi col distacco di chi si affretta a collocare nell’archivio un pezzo del suo passato. Che meriterebbe di meglio di un posto nel museo della storia italiana dell’automobile.

E invece i  festeggiamenti per i trent’anni della Ypsilon, Lancia elegante e di straordinario successo, hanno avuto il sapore amaro di un fine epoca un canto del cigno che fa rimpiangere gli anni ruggenti dei “grandi” appassionati di quel marchio che ancora negli anni Sessanta faceva bella mostra di sé nel cuore di San Francisco tra i nomi di Fiat e Alfa Romeo. Quasi a ricordare agli americani una presenza del made in Italy che oggi non trova continuità sotto le mentite spoglie della Chrysler.
Perche le Lancia avranno questo nome sulle strade d’America e ci vorrà un grande intenditore per capire chiamo parlando del marchio che affascinanva il mondo della letteratura, del cinema, dello sport, della musica.

E perche si può anche cambiare spesso si deve, ma è sbagliato rinunciare a un nome, carico di storia, come quello della Lancia. Quando molte case automobolistiche, non solo quelle che s’inventano nomi improbabili e storpiati i città, uomini e cose da appiccicare sui loro prodotti, farebbe carte false per poter usare quelle sei lettere, “Lancia”, che conducono a Torino “near Milan”.

(articolo di Salvatore Tropea, apparso su Il Venerdì di Repubblica del 19 Aprile 2015)

Ci piacerebbe aggiungere a questo articolo straordinario anche questi altri illustri personaggi:
  • Il poeta Gabriele D’Annunzio era talmente entusiasta della Lancia Trikappa torpedo, da dedicargli il motto “Parva igni scintilla meo” (“Una piccola scintilla sufficiente ad infiammarmi”).
  • A bordo della propria Lancia Trikappa, nel 1922, il maestro Giacomo Puccini compì un viaggio di oltre 3.000 km attraverso l’Europa[1].
  • Il 21 settembre 1924 re Vittorio Emanuele III inaugurò la Milano Varese, (ovvero la prima autostrada al mondo lunga complessivamente 42 Km) percorrendola a bordo della sua Lancia Trikappa.
http://www.savelancia.it/it/2015/07/14/lancia/



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